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Il linguaggio banalizza i pensieri organizzandoli su scale graduate ("parliamo, in definitiva, per stereotipi"). Le lingue sono gabbie, prigioni di lusso: le parole designano generi e ci illudono dell'invariabilità delle sensazioni, ma suggeriscono un codice utile e comodo.
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Dietro tutto questo ci sono l'ignoto, che non possiamo dire, perché non lo conosciamo o lo conosciamo male, e l'indicibile, che conosciamo ma non sappiamo o non vogliamo dire. Per provare a descriverli non ci resta che la poesia, la sperimentazione. Con un'Introduzione di Antonio Romano ed una table d'hôte di Cyril Welch,