Per quasi tutta la sua vita il tramite tra Emily Dickinson e il mondo è stato la poesia. Chiusa nel silenzio della sua camera, leggendo poesie ne ha infatti accolto le forme, recitandole ne ha fatto risuonare i colori; scrivendo e riscrivendo poesie, soprattutto, ha liberato la propria voce.
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Insieme ai versi contenuti nei fascicles – i libri da lei rilegati e custoditi sugli scaffali – e a quelli delle lettere che mandava ad amici e conoscenti, c’è un altro filone di materiali su cui la calligrafia leggera ed elegante di Emily Dickinson ha composto parole poetiche: le buste postali. “Buste di poesia” raccoglie fotografie e trascrizioni di questi «ultimi» componimenti che Dickinson ha tracciato a matita sugli involucri delle sue missive: versi nei quali il gioco tra scrittura e supporto si sublima, in cui la cesellatura di ogni frammento è intimamente legata al suo esistere all’interno di una linguetta, attorno a un margine, su un triangolo di carta, rendendo la busta stessa un’opera d’arte quanto il suo contenuto; la magia di un oggetto muto che finalmente «parla». Questo volume rappresenta una testimonianza unica della sfida tra limite e creazione. Come ha riassunto Nadia Fusini nella sua prefazione, «in queste scritture Emily sembra giocare con il dentro e il fuori, con la custodia, il contenitore: non c’è niente in verità da nascondere, in ciò che sta nell’aperto della parola».