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Ovunque e sempre, la logica dell’accumulazione capitalista sconvolge gli equilibri economici e politici, la tecnologia e il lavoro, l’ambiente e il clima, le società e le forme di vita.
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Il capitalismo è, a qualunque scala lo si consideri, un sistema di produzione dello spazio, vale a dire un potere di modellare i luoghi, di modificare in profondità i paesaggi, di trasformare le relazioni spazio-temporali. La standardizzazione del mondo da parte del mercato implica una incessante proliferazione di differenze: economiche, sociali, geografiche, culturali, geopolitiche. Questo dinamismo rende il capitalismo un insieme instabile, in preda a crisi croniche, continuamente costretto a inventare “soluzioni spaziali” alle contraddizioni che lo minano e alle varie catastrofi che generano. Produzione e distruzione, omogeneizzazione e differenziazione: per comprendere un capitalismo ormai planetario, e quindi per darsi i mezzi per uscirne, per rompere i rapporti ineguali che lo fondano, è essenziale cogliere le logiche spaziali di questo modo di produzione. È a questo che ci invita l’opera del geografo David Harvey, alla quale questo libro vuole essere una sintetica introduzione