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«L'atmosfera è così folta di ossessioni, di fantasmi e di odio, il ritmo è così affannato e trafelato, da suscitare in noi eccitazione e inquietudine. Ogni istante, subiamo una specie di contagio. Così non ci resta che avanzare molto lentamente in questo bellissimo libro: come se prendessimo un veleno, che a dosi più forti potrebbe esserci mortale.
[...]
Se vogliamo comprendere chi parla, racconta, blatera, insulta, fantastica, divaga, delira nelle cinquecento pagine di Estinzione, dobbiamo immaginare che Franz Josef Murau non è nato, ma è stato gettato nel mondo, come una figura gnostica, dopo aver commesso qualche peccato innominabile ... Come Dostoevskij, al tempo delle Memorie del sottosuolo, Thomas Bernhard pensa che l'artista debba travestirsi da ossesso: soltanto l'ossessione ci consente di distruggere le folte difese che nascondono la verità, e di penetrare là in fondo, nell'abisso, dove vive il segreto. Solo il fuoco, il gelo, la terribile "arte dell'esagerazione", ci permettono di scrivere libri degni di questo nome».