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È possibile parlare di una “bioetica differente”, in cui l’appartenenza di genere risuoni con un timbro comune, pur nella diversità delle voci? E che senso ha la domanda oggi, in un tempo in cui identità di genere e differenza sessuale sono oggetto di radicali ripensamenti? Questi interrogativi circolano nel testo, declinandosi a cavallo tra teoria e narrazione di esperienze.
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La prima parte offre spunti di riflessione sul senso che la differenza uomini/donne assume oggi tra ethos, bios e polis, fermandosi per un verso sul rischio attuale di un’eclissi della differenza sessuale, per l’altro sul valore della cultura della differenza per la vita della famiglia e per i diritti di cittadinanza. Questi e altri spunti teorici fanno da sfondo all’ultima parte, dedicata a due temi caldi sul versante della cittadinanza: il nesso tra il pensiero della differenza di genere e una nuova visione della disabilità e le diverse letture del pensiero delle donne sulla maternità surrogata. Gli stessi interrogativi di fondo animano le narrazioni di esperienze sul rapporto tra donne e bioetica nel contesto italiano. Suggestioni, indicazioni di senso sulla peculiarità dei contributi delle donne giungono dalle analisi condotte da autorevoli componenti di comitati o associazioni in cui “si fa bioetica” nel nostro paese, dal Comitato nazionale per la bioetica, ai comitati etici locali, all’Istituto italiano della bioetica. In modo speculare, a partire da uno sguardo d’insieme storico e sociologico e da esperienze associative, si riflette su come le tensioni del dibattito bioetico tornino nella vita delle associazioni di donne presenti nel nostro paese, come il Centro italiano femminile e l’Unione Donne in Italia.
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