Neonati, quasi rischiano di soffocare sotto il peso dei numerosi nomi. Ben sei, Leopardi: Giacomo, Taldegardo, Francesco, Selesio, Saverio, Pietro. Quattro, il genio salentino: Carmelo, Pompilio, Realino, Antonio. Sono ancora all'alba della fanciullezza, ed eccoli chierichetti a servir messa. Non conoscono ancora tutte le gioie del corpo, ma sanno l'infinita varietà delle sue sofferenze.
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Leggono Omero e Shakespeare e riscrivono le loro opere alla luce delle proprie esigenze. Sono alcune delle caratteristiche comuni a entrambi, eppure non le sole che Giuseppe Leone viene individuando in questo suo saggio di approfondimento del pensiero, della poetica e dell'arte teatrale di due geni fra i più rappresentativi dell'età contemporanea. Partendo da un luogo come la torre (quella Campanaria di Recanati che rimanda al Passero solitario di Leopardi e degli Asinelli di Bologna che evoca la Lectura Dantis di Carmelo Bene), Leone legge l'opera dei due grandi attraverso i contrasti scrittura/oralità, silenzio/voce, significante/significato, che furono alla base delle performance teatrali dell'artista salentino, ma che non sono stati meno determinanti nello sviluppo dell'opera leopardiana.
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Libro Moderno
Monografia
Descrizione
*D'in su la vetta della torre antica : Giacomo Leopardi e Carmelo Bene sospesi fra silenzio e voce : saggio / Giuseppe Leone. - 2. ed [S.l.] : [s.n], stampa 2016 (Lecco : Grafiche Rusconi) 170 p. ; 20 cm