CB e VSEVOLOD ĖMIL'EVIČ MEJERCHOL'D
Lecce, Archivio Carmelo Bene
CB e VSEVOLOD ĖMIL'EVIČ MEJERCHOL'D
Tra i libri di Carmelo Bene, custoditi nel suo Archivio, alla Biblioteca Bernardini, letto e fittamente chiosato “LA RIVOLUZIONE TEATRALE” del regista russo Vsevolod Ėmil'evič Mejerchol'd (28 gennaio 1874 - 2 febbraio 1940).
Il libro, in una edizione Editori Riuniti del 1975, è una preziosa raccolta di scritti, dal 1899 al 1939, incentrata, in modo particolare, sul periodo di ricerca antecedente la Rivoluzione d'Ottobre, durante il quale Mejerchol'd elaborò la sua innovativa concezione registica, desumendola dal quel fervido lavoro di sperimentazione, avviato in Russia alla fine del XIX secolo, che trasformò il teatro in un'officina delle arti.
La vera rivoluzione teatrale si compì in quegli anni e Mejerchol'd, uno dei suoi più versatili fautori, come una sorta di infaticabile demiurgo, ebbe il merito di operarne un'alta sintesi teorica che è alle radici del suo teatro della rivoluzione. Gli elementi peculiari del suo teatro - abolizione del sipario, ritmo di danza dei personaggi, predominio del movimento sulla parola, convenzionalità della scena, improvvisazione come nella commedia dell'arte - avevano trovato applicazione nei precedenti periodo ma mai avevano trionfato in pieno come nel “nuovo teatro”, in cui il principio che il fine del teatro non è di mostrare un'opera d'arte compiuta, come un quadro o una scultura, ma quello di trascinare lo spettatore con la creazione svolgentesi sotto i suoi occhi, attirandolo addirittura nel processo stesso della creazione scenica, coincide col principio del teatro a servizio della rivoluzione politica e sociale.
Scrive Antonio Attisani a chiusura di uno straordinario articolo: "L’Italia nello sguardo e nella poetica di V. E. Mejerchol’d" pubblicato su Mimesis Journal:
(...) "Lo spirito barocco di Mejerchol’d potrebbe rivelarsi prezioso anche per sollevare una questione capitale quanto ancora poco dibattuta. In breve: gli uomini di teatro che hanno guardato alla sua eredità sono tra i migliori del nostro tempo e li si potrebbe classificare come coloro che hanno lottato durante tutta la loro vita per un «teatro senza spettacolo» (in Italia, per esempio, si contano tra loro Carmelo Bene, Carlo Cecchi e Leo de Berardinis) e hanno realizzato diverse opere capitali. Ma non si potrebbe dire che Mejerchol’d, in effetti, abbia creato uno «spettacolo senza teatro», se con ciò si intende delle opere delle quali si «vive la forma» e che si sono lasciate alle spalle le angustie ideologiche del messaggio? Se ciò fosse vero, l’eredità di Mejerchol’d è davvero preziosa per le prossime generazioni, le quali vi troveranno non soltanto un paradiso delle forme e una continua festa d’invenzioni, ma anche molti riferimenti essenziali concernenti l’etica e la ricerca spirituale del creatore teatrale".