
Il «Sud del Sud dei santi» è la definizione che Carmelo Bene adopera per presentarci la sua idea di Terra d’Otranto, intesa non solo come spazio geografico ma come un articolato sistema logico-concettuale e di significati culturali a partire dai quali è possibile organizzare uno spazio estetico. Sono infatti alcune caratteristiche etno-culturali del Salento a creare il sostrato indispensabile per lo sviluppo delle principali direttrici di ricerca di Bene, a partire dal concetto di «depensamento», cioè da quella sospensione del pensiero che è uno dei tratti distintivi della sua poetica. Introducendo la categoria estetica (ed estatica) del «Sud del Sud dei santi», Bene racconta una terra che, affrancandosi dall’invalso stereotipo di palude sociale ed economica, o di villaggio-vacanze per un turismo di massa spesso indifferente alle sue peculiarità culturali, può finalmente riscattarsi – «riterritorializzarsi», potremmo dire con Gilles Deleuze – in quanto territorio di poesia. Il finisterre salentino può trasformarsi, così, da periferia estrema – o «infinita», come la definiva il conterraneo Vittorio Bodini, con il quale Bene ha condiviso un’intensa riflessione attorno alla categoria estetica del barocco – in frontiera e ombelico di una nuova civiltà che, proprio a partire dalle contraddizioni che la attraversano, ma anche dalla potenzialità espressiva di alcuni suoi archetipi e mitologemi, può ripensare la propria identità – plurale – e proporsi come avamposto di un progetto culturale dialogico, inclusivo, meridiano: come scrive Bene, Otranto, iponimo del «Sud del Sud dei santi», «terra nomade per eccellenza», è una «casa di cultura tollerante influenze islamiche, ebraiche, arabe, turche, cattoliche. Ne è testimone la stupenda cattedrale». La Cartografia poetica di Carmelo Bene è un itinerario che il Centro studi Phoné ha sviluppato nei cinque Comuni salentini maggiormente legati alla vita e all’opera dell’artista: Campi Salentina, Lecce, Santa Cesarea Terme, Otranto e Copertino. Il nostro percorso si svolge nello spazio e nel tempo, cioè secondo una prospettiva non solo geografica ma anche cronologica, che ci permetterà di ripercorrere, come in una nuova biografia (ovviamente non meno «immaginaria» delle altre), alcune fasi salienti della vita di Bene, dalla «patria terrena» di Campi Salentina, dove nacque e abitò fino agli anni dell’adolescenza, alla Copertino «celeste», che visitò a metà degli anni Novanta, da «oblato», in occasione di un suo pellegrinaggio spirituale al Convento dei Frati minori della Grottella, estremo omaggio a Giuseppe Desa. Inoltre, ci soffermeremo sulle vicende relative alla stesura di alcune sue opere letterarie e cinematografiche, da Nostra Signora dei Turchi (il romanzo e il film) e Credito italiano, entrambe scritte (o girate) nella casa paterna di Santa Cesarea Terme, attigua al «palazzo moresco»-Villa Sticchi, fino all’autobiografia Vita di Carmelo Bene e al poema ’l mal de’ fiori, composti entrambi nella casa di Otranto, la prima nel 1998, quando «tutti i pomeriggi, a riparo dal sole, Carmelo raccontava la sua storia» a Giancarlo Dotto, «munito di registratore, computer e stampante», da un terrazzo affacciato sullo Ionio; il secondo all’alba degli anni Zero, in uno stato di profonda debilitazione dovuta all’avanzamento inesorabile della malattia che l’avrebbe stroncato nel giro di pochi mesi. O ancora, e più frequentemente, avremo modo di ritornare sulle circostanze relative ai primi germogli di una vocazione (per il teatro, per l’opera lirica, per la poesia detta, che nasce negli anni della sua adolescenza leccese, nel decadente salotto, «stile Rovina della casa Usher», di una sua zia melomane); ai primi germogli di un’idea (per esempio la «rivoluzione “teatrale” “copernicana”» e la «“sospensione del tragico”» che scaturiscono dal latino storpiato dai fedeli, durante le messe che il giovanissimo Bene serviva come chierichetto a Campi Salentina); ai primi germogli di un’intuizione (il «depensamento» ispirato alla figura di San Giuseppe da Copertino; oppure i ‘guasti’ del linguaggio scoperti grazie al «grande apprendistato» fra gli internati della clinica leccese Villa Verde); o, infine, ai primi germogli di un progetto (per esempio «L’immemoriale», la cui sede era inizialmente prevista nel buen retiro di Otranto. Abbiamo cercato di collegare direttamente tutte queste occasioni ai luoghi esatti in cui si sono verificate, evidenziando, cioè, di volta in volta, come il territorio salentino, il «Sud del Sud dei santi», sia stato molto spesso un reagente indispensabile per l’elaborazione e lo sviluppo della complessa estetica di Bene; e sia tuttora, per noi, una chiave d’accesso indispensabile per cercare di comprenderla.
V’è una nostalgia delle cose che non ebbero mai un cominciamento. Affondare la propria origine – non necessariamente connessa alla nascita – in terra d’Otranto è destinarsi un reale-immaginario. E lì, appunto, nel primo dì d’un settembre io fui nato. […]. Una tolleranza di sì disparate correnti, come il trascolorare dello Ionio, non si è mai verificata in nessun’altra zona d’Italia. Quando si dice Puglia, non si deve confonderla con quella fascia del Salento, giù, giù fino a Capo Leuca, detta ancora Magna Grecia. Dove fino a pochi anni fa i portuali greci si lasciavano intendere nei dialetti indigeni di Calimera, Gallipoli ecc. […]. Ora, non è un azzardo, perché eccede l’azzardo, questo venir meno del raccontare. Ci si trova immersi in qualcosa che mai ebbe un inizio: un’etnia sposata a una vita immaginaria. Da inventare. Per una autobiografia rischiosissima, immaginaria e reale a un tempo. Quindi è solo scontato questo grandioso bisticcio etnico, che si può continuare a seguirmi. La nostra penisola non ha mai dato grandi fatti del Pensiero, se non, guarda caso, nel Sud. E qui, i nomi di Giordano Bruno, Giambattista Vico, Tommaso Campanella, Croce, Gentile ecc. La stessa lingua italiana che ci viene da Cielo e Federico II. Ora dove questo Pensiero depensa si spensiera, via via scendendo fino a Capo Leuca. Lì comincia la Magna Grecia. A sud del Sud. La Magna Grecia è il depensamento del pensiero del Sud. È il Sud in perdita. Il suo guadagno. Anche se umiliato, oltraggiato, vilipeso dalla sciagurata inflazione consumistica, è ancora qui [SAM, 1052-53]
Io sono un uomo del sud, anzi del sud del sud. Vengo dalle rive di Omero, da quel mondo perduto che ha inventato la nostra vita. Sono un poeta che ha voltato le spalle all’evento e che scrive le sue storie sulla sabbia. Mio fratello è Eraclito, il filosofo che diceva che l’universo è un fanciullo che gioca. Il mio futuro è il mio passato. Il mio sigillo è l’inattualità. [SDN-Grieco, 1037]
Non scherziamo. Non esiste la Puglia, ci sono le Puglie. Nasco in Terra d’Otranto, nel sud del sud dei santi. Mettere insieme Bari e Otranto sarebbe come dire che Milano e Roma siano la stessa cosa. Tutta la Terra d’Otranto è fuor di sé. Se ne è andata chissà dove. È un rosso stupendo la terra d’Otranto. Più bello del rosso di Siena o di altre terre consimili. Lo usano molti pittori per la tempera. È una terra nomade, gira su se stessa. A vuoto [V, 12]
IVoi non potrete mai capire... perché lì... quella è una terra a parte. Era veramente isolata dal mondo... perché aveva un fatto etnico. È importante no? C’era un popolo. Ora in due anni, due anni... perché io andavo e venivo nei primi tempi, quando avevo diciotto anni, diciassette... tra i diciassette e i vent’anni, c’era il televisore... In due anni si sono stravolti i cervelli... Non è stata una cosa graduale: due anni sono bastati. E in quei due anni che è successo? Che la Puglia ha imitato la Calabria: tutti a Torino, tutti a Milano, tutti a fare i servi... Veramente, ci vuole un orgoglio pazzesco, smisurato... gente che pur di non lavorare, pur di non macchiarsi di una goccia di sudore, moriva di fame... È ingiusto non rimpiangere un popolo così... […] Io tiravo avanti... Vivevo. Mi ballavo la mia danza funebre, macabra... una danza del Sud, perché io sono nato nel Sud. [...] Perché uno esce anche dalla Puglia, ma non ci può uscire fuori. Pasternak diceva: bisogna capire in che modo contribuisce l’aria, la terra, il sole ecc., perché l’uomo risulti com’è qui. Mi pare parlasse della Georgia... [SDN-Bianchi, Livio, 415]
Ma la Puglia è una terra errante! La Puglia, anzi le Puglie, che son tante, sono terre erranti, per fortuna. L’identità regionale… con la ricerca di identità si ripiomba nel soggetto, si ripiomba nell’io, di nuovo. E allora ci risiamo con la scusa etnica, con l’etnologia che diventa enologia… No, no, bisogna scavalcarla e restare erranti, come le Puglie [Mansueto 2001]
E da una terra, da per sempre promessa ed espropriata da sé stessa, da questo altrove, non puoi illuderti d’evadere senza incorrere in una eresia grottesca. Non è tuo il privilegio di un’abiura. Si nasce nomadi, se mai si nasce. Non si può abbandonare una patria che consiste, appunto, in questa sua irrinunciabile eternità di trapianto. Chissaddove. E soprattutto chi da questa patria non si diparte è più che mai in quest’altrove, che resta. In questo altrove» [Bene 1990]
Nella prima parte del libro quattordici studiosi si interrogano sui rapporti fra il territorio di origine e l’opera complessiva di Carmelo Bene, approfonditi secondo diverse prospettive: teatrale, letteraria, cinematografica, filosofica, linguistica, sociologica, antropologica. Nella seconda parte, ricca di immagini e documenti, si sviluppa una dettagliata Cartografia poetica nei cinque comuni salentini maggiormente legati all’artista: Campi Salentina, Lecce, Santa Cesarea Terme, Otranto e Copertino.
Il percorso nel «Sud del Sud dei santi» si svolge secondo una prospettiva non solo geografica ma anche cronologica, che permette di ripercorrere come in una nuova biografia, ovviamente non meno «immaginaria» delle altre, alcune fasi salienti della vita e dell’opera di Carmelo Bene.
392 pagine di cui 164 a colori, nel formato 16x22.5 cm, è disponibile qui.